Il viaggio di dante Alighieri, anzi la sua fuga, inizia dalle montagne al confine tra Marche e Toscana.  L’indicazione è chiara e fa ancora tremare ed è scritta su una lapida sopra la torre di Mercatello.

IN CASTELLO DELLA PIEVE 
CARLO DI VALOIS E CORSO DONATI 
IL IV OTTOBRE MCCCI (1301)
DECISERO L’ESILIO 
DI DANTE ALIGHIERI.

La condanna di Dante Alighieri avvenne attraverso tre diversi gradi: il primo aveva previsto il pagamento di una somma, l’altro il rogo, l’ultimo che   “Dante Alighieri e figli se verranno in potere del Comune di Firenze siano condotti sul luogo del giudizio e sia loro tagliata la testa dalle spalle, così che muoiano”.

La gravità della condanna risuona pesante come il massiccio della Massa Trabaria in cui è incastonato il paesino che fu teatro di uno degli eventi storici più importanti della storia del tempo, che ha segnato indelebilmente la storia della letteratura del ‘300. Da quel momento Dante, che è colpito dalla condanna mentre è a Roma in veste di politico a cercare una difficile mediazione tra le due fazioni che incendiavano la vita di Firenze, non può più tornare a casa e vaga in povertà alla ricerca di protezione e accoglienza, finchè muore a Ravenna. Con il solito senso antistorico dei “ se” e dei “ma” non possiamo non chiederci cosa sarebbe accaduto se Dante non fosse stato esiliato.

Il 16 aprile 1966 nella basilica di San Francesco la città di  Arezzo ha sentito la necessità di celebrare un finto processo a Dante Alighieri per poterlo concludere con una assoluzione, ma la storia aveva ormai avuto il suo corso. 

Perché dalla Toscana parte la vicenda dell’esilio di Dante e ad essa è legata Castel della Pieve. 

Poche note, per chi non conosce la storia della condanna di Dante

Le due fazioni in corso per il potere a Firenze erano I Guelfi (che poi si divisero in bianchi e neri) e i Ghibellini: i primi erano sostenitori del Papa e riconoscevano a questo il potere sul dominio di Firenze mentre i secondi difendevano l’autonomia dell’imperatore nelle questioni politiche. Ne “I Sepolcri” Foscolo ha definito Dante il “ghibellin fuggiasco” perché in effetti la scelta  di parteggiare per i Guelfi bianchi nasce dal fatto di riconoscere il potere del Papa ma di optare per una autonomia del potere politico; inoltre i Bianchi erano aperti alle esigenze delle forse popolari, mentre i Neri erano legati alle famiglie più aristocratiche e sostenevano l’assoluto predominio del Papa.

Dante è Priore a Firenze dal 14 luglio al 15 agosto del 1300. Lo scontro fra le due fazioni avevano portato ad uno stato di grande tensione e confusione tanto che si decise di allontanare i loro capi e cercare una mediazione. E’ per questo che Dante si reca a Roma. Tra i capi allontanati ci sono il ghibellino Guido Cavalcanti e  il guelfo nero Corso Donati, il grande nemico di Dante.  La vittoria dei guelfi, dovuta soprattutto al ruolo di Corso Donati, costituì un evento chiave nel processo di progressiva affermazione dell'egemonia di Firenze sulla Toscana. 

Carlo di Valois, fratello del Re di Francia era in Italia, su invito di papa Bonifacio VIII, per muover guerra a Federico d’Aragona e prender possesso della Sicilia, secondo il desiderio dello stesso Pontefice. Per suo desiderio deve anche andare in Toscana a mettere ordine alla situazione fiorentina e così organizza un incontro per decidere come gestire la situazione politica in quella città, chiamando in aiuto i fedeli del papa da San Gimignano. Sceglie dunque un luogo per l ‘incontro. Una corte di personaggi arriva allora a  Castel della Pieve, scelta per la sua posizione strategica, visto che rapidamente poteva essere raggiuta dagli amici di San Gimignano,  e non ultimo perché proprio lì era stato confinato dalla Signoria Carlo Donati. 

Castel della Pieve sui monti tra Marche e Toscana

Adagiata nella Massa Trabaria, Castel della Pieve era un Feudo riservato alla Chiesa di Roma; da qui provenivano  le travi di legno utili per la costruzione delle basiliche romane, trasportate senza spesa dalle acque dei fiumi, munite della famosa sigla : “A. V. F.” (Ad usum Fabricae). Si trovava sotto il diretto dominio dell’Arcipretura dell’antica Pieve, attorno alla quale era sorto Mercatello, un paese fortificato per svolgere funzioni difensive ma sempre legato alla funzione di mercato per le popolazioni stanziate attorno alla Pieve.

In questo luogo interno e montuoso dobbiamo immaginare una geografia diversa dall’attuale: non i confini come oggi li conosciamo e quello che oggi  indichiamo come Marche si estendeva di più verso la Toscana e verso la Romagna. Neppure il fiume Marecchia faceva davvero da confine. 

 E infatti la definizione territoriale che ne dà Dante è politica, non geografica, come farà dire a Jacopo del Cassero, che vedremo nella tappa di Fano: “ tra la Romagna e quel di Carlo”. 

Se invece ci avviciniamo per empatia alle vicende del nostro Poeta, Castel della Pieve è un luogo cupo e pieno di dolore, un territorio che ha segnato la distanza incolmabile da casa sua, creando un ponte emotivo con il suo confine toscano.

Oggi il paesaggio dominato dal monte Carpegna non ci fa paura, ma riserva anzi spettacoli di grande bellezza.  Va letto per la sua maggiore peculiarità: quella di luogo unico nella diversità e frammentarietà del territorio marchigiano. Una caratteristica che oggi non discrimina più luoghi più impervi da altri più accessibili, come era quando le difficoltà di spostamento o di vivibilità  acuivano una visione pragmatica. Piuttosto la diversità produce un turismo lento,  una fruizione del paesaggio più silenzioso e consapevole. Da Mercatello,  scendendo e allargandosi verso la Romagna  con Macerata Feltria o verso il Montefeltro con Urbania si incontrano paesaggi diversi, tradizioni e offerte culinarie di grande varietà.